Una recente sentenza della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12504/2025 depositata l’11 maggio 2025, ha evidenziato questa problematica.
Negare l’accesso ai servizi igienici durante l’orario di lavoro rappresenta una grave violazione della dignità umana e dei diritti fondamentali del lavoratore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12504/2025 depositata l’11 maggio 2025, ha evidenziato questa problematica, stabilendo che un dipendente costretto a urinarsi addosso a causa del diniego di accesso al bagno ha diritto a un risarcimento per la lesione della sua dignità personale.
Se il bagno è lontano, il dipendente va risarcito
La vicenda coinvolge un lavoratore che, durante il proprio turno, ha avvertito un bisogno fisiologico impellente. Tuttavia, secondo le rigide disposizioni aziendali, l’allontanamento dalla postazione di lavoro era consentito solo previa autorizzazione e solo se un team leader fosse stato disponibile a sostituirlo. Nonostante le ripetute richieste effettuate tramite un dispositivo di emergenza, il dipendente non ha ricevuto alcuna risposta favorevole. Giunto al limite della sopportazione, ha deciso di recarsi autonomamente ai servizi igienici, ma non è riuscito a trattenersi, trovandosi a urinarsi addosso.
Dopo questo episodio umiliante, il lavoratore ha cercato di recarsi in infermeria per cambiarsi, ma anche questa richiesta è stata ignorata, costringendolo a continuare il turno di lavoro nella propria condizione imbarazzante. Solo durante la pausa, ha potuto finalmente cambiarsi, ma non prima di aver subito una situazione di profondo disagio e vergogna, davanti ai colleghi.

La decisione della Corte di Cassazione ha ribadito un concetto fondamentale: le aziende sono obbligate a garantire un ambiente di lavoro dignitoso e rispettoso delle esigenze fisiologiche dei lavoratori. La Corte ha confermato che la società datrice di lavoro non ha adottato le misure appropriate per prevenire situazioni che potessero ledere la dignità del lavoratore, in violazione dell’articolo 2087 del Codice Civile, il quale impone al datore di lavoro di tutelare l’integrità fisica e morale dei dipendenti.
In particolare, la Corte ha sottolineato che l’organizzazione del lavoro deve includere un sistema efficace per gestire le necessità fisiologiche dei dipendenti. La rigidità delle procedure aziendali, che non permettevano una gestione tempestiva e umana delle emergenze, è stata vista come una violazione diretta dei diritti del lavoratore.
La questione dell’accesso ai servizi igienici sul posto di lavoro è un tema che merita un’attenzione particolare, non solo per le implicazioni legali ma anche per le considerazioni etiche e sociali. Negare l’accesso al bagno non è solo una questione di comodità; può avere ripercussioni significative sulla salute fisica e mentale dei lavoratori. È risaputo che trattenere le necessità fisiologiche può portare a problemi di salute, stress e ansia, influenzando anche la produttività.
Le aziende dovrebbero essere consapevoli che la dignità del lavoratore è un valore fondamentale che deve essere rispettato in ogni circostanza. La creazione di un ambiente di lavoro sano e rispettoso implica non solo la fornitura di spazi adeguati, ma anche la promozione di una cultura aziendale che riconosca e rispetti le esigenze umane di tutti i dipendenti.