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Postare le foto sui social, può costarti molto caro: quando il Fisco parte con gli accertamenti

L’Agenzia delle Entrate può controllare i social alla ricerca di prove: in questi casi, queste foto, possono costarti caro.

Nell’epoca digitale, i social network come Instagram, TikTok e Facebook rappresentano ormai il palcoscenico privilegiato per condividere momenti importanti della propria vita: dalle vacanze più esclusive agli acquisti di lusso, fino ai traguardi professionali.

Ma questo mondo virtuale, apparentemente innocuo e riservato a un pubblico di amici e follower, può trasformarsi in un terreno insidioso quando entra nel mirino del Fisco. Negli ultimi anni, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha iniziato a utilizzare i contenuti pubblicati sui social come strumenti di verifica per accertamenti fiscali, sollevando dubbi e preoccupazioni su privacy e tutela dei contribuenti.

Il valore probatorio dei post sui social network

È ormai consolidato che i post pubblicati su Facebook, Instagram e TikTok, inclusi testi, fotografie e video, possono assumere valore probatorio in ambito fiscale e civile. Secondo l’articolo 2712 del Codice Civile, tali riproduzioni informatiche costituiscono “piena prova” dei fatti rappresentati, purché non vengano contestate in modo chiaro, circostanziato ed esplicito dalla parte interessata. Ciò significa che screenshot di un post o di un video possono essere utilizzati dall’Agenzia delle Entrate o da un giudice come documenti probatori, a meno che il contribuente non dimostri che si tratta di materiale alterato o non conforme alla realtà.

Ad esempio, se un contribuente pubblica su Instagram foto che lo ritraggono in un albergo di lusso sulle Dolomiti, mentre la sua dichiarazione dei redditi segnala un reddito pari a zero, l’Agenzia delle Entrate può chiedere chiarimenti sulla reale disponibilità economica. Toccherà quindi al contribuente dimostrare che la vacanza è stata un regalo o che l’hotel ha concesso un soggiorno gratuito in cambio di visibilità. Tuttavia, per poter essere utilizzati come base per un accertamento, i post devono rappresentare indizi gravi, precisi e concordanti. Un singolo scatto o una semplice immagine, da sola, difficilmente giustifica una rettifica fiscale.

L’Agenzia delle Entrate impiega le informazioni pubbliche reperibili sui social network principalmente per due scopi: individuare potenziali contribuenti da sottoporre a controlli mirati e rafforzare elementi emersi da indagini tradizionali come l’analisi dei conti correnti o delle dichiarazioni fiscali. Ad esempio, se una persona dichiara un reddito modesto ma condivide frequentemente immagini di viaggi in località esotiche, auto di lusso o orologi costosi, ciò può rappresentare un forte indizio di capacità di spesa non coerente con i redditi dichiarati. Questo può indurre il Fisco a svolgere approfondite indagini finanziarie.

Allo stesso modo, chi pubblicizza online un’attività commerciale o professionale senza possedere partita IVA o emettere fatture rischia di attirare l’attenzione dell’Agenzia per possibili redditi da lavoro autonomo non dichiarati. È importante sottolineare che l’Agenzia può accedere solo ai contenuti pubblici o condivisi con una vasta cerchia di follower, mentre i messaggi privati tramite chat interne ai social godono di tutela rafforzata e possono essere acquisiti solo tramite provvedimenti giudiziari in ambito penale. Il valore probatorio dei contenuti social si estende anche ai processi tributari e civili.

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Queste foto potrebbero farti finire nei guai: quando l’Agenzia delle Entrate controlla i social – Altaformazionemusicale.it

Nel giudizio tributario, il giudice valuta tutte le prove presentate, comprese quelle tratte dai social media, verificando che l’onere probatorio sia stato correttamente assolto dall’Agenzia delle Entrate e che le presunzioni rispettino i requisiti di gravità, precisione e concordanza. Il contribuente ha il diritto di contestare la rilevanza delle prove social, dimostrando, ad esempio, che i post non sono pertinenti o non rappresentano fatti fiscalmente rilevanti. Anche nelle cause di separazione e divorzio, i post sui social sono frequentemente utilizzati come prove. Possono servire a dimostrare infedeltà, tenore di vita incompatibile con quanto dichiarato o comportamenti pregiudizievoli nei confronti dei figli.

In questi casi, le fotografie e le informazioni pubblicate sui profili personali sono considerate prove documentali, essendo destinate alla conoscenza di terzi. Se nei procedimenti civili emergono elementi che indicano redditi non dichiarati o uno stile di vita non coerente, tali informazioni possono essere segnalate all’Agenzia delle Entrate, dando avvio a controlli fiscali. Inoltre, prove acquisite in cause civili possono essere utilizzate nei successivi processi tributari, purché valutate criticamente insieme ad altri elementi probatori. Di fronte a prove tratte dai social network utilizzate in ambito fiscale o civile, il contribuente dispone di strumenti difensivi importanti.

Può contestare la conformità delle riproduzioni, sostenendo che gli screenshot o i post siano stati alterati o estrapolati fuori contesto. Può inoltre fornire spiegazioni alternative, documentando che i fatti rappresentati non sono fiscalmente rilevanti o che sono già stati regolarmente dichiarati. Infine, è possibile contestare la validità delle presunzioni basate esclusivamente su elementi social, evidenziando la mancanza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. In ogni caso, la presenza di post sui social network rappresenta un indizio che deve essere sempre supportato da ulteriori prove concrete per poter fondare un accertamento fiscale o una decisione giudiziaria.

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