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Adolescence: la serie che esplora il tema della mascolinità tossica

C’è una miniserie britannica che ha catturato l’attenzione del pubblico italiano, riscuotendo un notevole successo. La serie, intitolata Adolescence, è composta da quattro episodi e si è posizionata al primo posto su Netflix in Italia, superando anche il rinomato film Gattopardo, con attori del calibro di Kim Rossi Stuart, Benedetta Porcaroli e Deva Cassel. Fino ad oggi, ha totalizzato oltre 24,3 milioni di visualizzazioni. I critici, tra cui il Guardian, l’hanno elogiata, definendola “la cosa più vicina alla perfezione televisiva degli ultimi decenni”. Tuttavia, a colpire maggiormente è il passaparola che ha reso questo titolo un fenomeno di tendenza.

Un dramma familiare che interroga

Al centro della narrazione si sviluppa un dramma familiare che solleva domande fondamentali, invitando a riflettere su quanto conosciamo davvero dei nostri figli, della loro personalità e delle loro amicizie, oltre a ciò che ci raccontano durante le cene. Ogni episodio è girato in un’unica ripresa, un lungo piano sequenza che meriterebbe un premio Emmy. La sceneggiatura, scritta da Jack Thorne e Stephen Graham (quest’ultimo anche uno dei produttori insieme a Brad Pitt con la sua Plan B), trasforma Adolescence in un’esperienza coinvolgente piuttosto che in una semplice serie TV.

La trama si intensifica quando la polizia irrompe nella casa dei Miller, arrestando il tredicenne Jamie Miller con l’accusa di aver ucciso la sua compagna di classe Katie la sera precedente. La famiglia, composta dalla sorella Lisa (interpretata da Amelie Pease) e dai genitori Eddie (lo stesso Stephen Graham) e Amanda (Christine Tremarco), è catapultata in un incubo che culmina con il processo.

Un’indagine complessa e rivelatrice

Jamie, un ragazzino di appena tredici anni, nega qualsiasi coinvolgimento durante gli interrogatori condotti da poliziotti e psicologi. Il padre Eddie si trova ad affrontare un dolore inimmaginabile mentre cerca di comprendere la situazione. La narrazione esplora un mondo oscuro, fatto di messaggi su Instagram, emoji e commenti, che riflettono una cultura maschilista presente anche tra i giovani. Viene affrontata la tematica della subcultura Incel, che si basa sulla teoria 80/20, secondo cui l’80% delle donne è attratto solo dal 20% degli uomini più attraenti, lasciando gli altri in una condizione di celibato involontario. Questo stigma sociale contribuisce a generare rabbia e misoginia nei ragazzi.

Adolescence si distingue per la sua trama audace, evitando di giustificare il comportamento di Jamie con segreti familiari o traumi passati. Nonostante la sua giovane età, il protagonista è intrinsecamente legato a una cultura tossica e misogina. La vicenda risuona con eventi reali, come il caso di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta, creando un parallelo inquietante.

Le sfide dell’adolescenza contemporanea

La forza di Adolescence risiede nella sua capacità di farci interrogare su ciò che gli adulti insegnano ai ragazzi per affrontare il mondo violento delle relazioni tra i sessi, un tema cruciale in un’epoca in cui il fenomeno dei femminicidi è all’ordine del giorno. La serie, con la sua rappresentazione di poliziotti, insegnanti, psicologi e genitori, costringe il pubblico a riconoscere i pericoli che minacciano la società contemporanea.

L’adolescenza è un argomento di grande rilevanza nel panorama audiovisivo, sempre in evoluzione. Le riflessioni sui giovani di oggi si intrecciano con altre opere significative, come il film Ciao Bambino di Edgardo Pistone, finalista ai David di Donatello, che racconta la storia di un adolescente della periferia di Napoli in cerca di riscatto, e il fenomeno Mare Fuori, giunto alla sua quinta stagione, che continua a riscuotere successo.

Cristina Battini

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