La forza di una madre è un tema ricorrente in molte opere letterarie e cinematografiche, e il film “Sons” del regista svedese Gustav Möller, presentato oggi al Bif&st nella sezione Frontiere e in uscita nelle sale italiane il 27 marzo 2025 con Movie Inspired, ne è un esempio emblematico. La protagonista, Eva (interpretata da Sidse Babett Knudsen), è una guardia carceraria di mezza età, la cui vita sembra riacquistare un senso di vitalità con l’arrivo di un detenuto particolare.
Gustav Möller, già noto per il suo lavoro vincitore del premio del pubblico al Sundance con “The Guilty”, si addentra in un thriller psicologico che gioca con la suspense, mantenendo segreta fino quasi alla fine la ragione del suo interesse per Mikkel (Sebastian Bull), un giovane detenuto tatuato e violento. Eva, in un comportamento inspiegabile, cerca in ogni modo di avvicinarsi a lui, tanto da richiedere di essere trasferita nel reparto più pericoloso del carcere dove Mikkel è rinchiuso. Una volta entrata in contatto con il giovane, la donna si impegna a rendere la sua vita ancora più difficile, aggravando la già pesante esistenza all’interno di un carcere di massima sicurezza.
Tra le scene più memorabili di “Sons”, che ha partecipato anche al Festival di Berlino, ci sono momenti in cui Eva aggredisce in preda a un’ossessione il giovane detenuto e osserva con una certa invidia i colloqui tra Mikkel e sua madre. La tensione emotiva è palpabile e la regia di Möller riesce a trasmettere un profondo senso di claustrofobia e tormento.
Nel suo film precedente, “The Guilty”, Möller ha dimostrato di saper gestire la suspense in modo magistrale. La trama ruota attorno a Joe, un agente di polizia, interpretato da Jake Gyllenhaal, che si ritrova a rispondere alle chiamate di emergenza dopo essere stato relegato a quel compito per guai personali. Una chiamata da una donna spaventata, che finge di parlare con la figlia, rivela a Joe che la donna è in grave pericolo, costringendolo a utilizzare tutta la sua esperienza per mantenere il contatto con lei e il suo rapitore.
“Sons” si distingue per un ritmo meno frenetico rispetto a “The Guilty”, ma offre un’esperienza cinematografica ricca di tensione psicologica e un finale sorprendente. Una delle frasi chiave del film, “Certe persone non possono essere salvate”, racchiude l’essenza del dramma carcerario e la complessità delle relazioni umane che Möller esplora attraverso la sua narrazione.
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