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Se tuo figlio fosse Jamie Miller? “Adolescence” su Netflix e le paure dei genitori

Netflix ha nuovamente colpito nel segno con la miniserie “Adolescence”, un’opera che racconta in modo crudo e autentico le esperienze di una generazione disorientata. Ambientata in un contesto contemporaneo, la serie esplora le difficoltà di un gruppo di ragazzi che si trovano a fronteggiare un mondo in rapido cambiamento, dove i vecchi paradigmi non sembrano più funzionare e le informazioni abbondano senza portare a una vera consapevolezza. “Adolescence” si propone come un’analisi delle sfide, delle ansie e delle aspirazioni di chi si trova nel delicato passaggio verso l’età adulta, affrontando uno dei momenti più critici della vita: l’adolescenza.

La miniserie britannica, composta da quattro episodi, ha debuttato su Netflix il 20 marzo 2025, conquistando immediatamente il primo posto nella classifica delle serie più viste, con ben 24,3 milioni di visualizzazioni nei primi quattro giorni. Questo successo ha acceso un vivace dibattito culturale, richiamando l’attenzione su temi di rilevanza sociale.

Il dramma familiare di un crimine inaspettato

Il protagonista della serie, Jamie Miller, è interpretato da Owen Cooper, un attore esordiente che offre una performance intensa e inquietante. A supportarlo, Stephen Graham e Christine Tremarco nei ruoli dei suoi genitori, figure che oscillano tra shock e sensi di colpa. La regia di Jack Thorne è caratterizzata da uno stile asciutto e teatrale, che evita l’azione eccessiva per concentrarsi su tensioni sottili, dialoghi significativi e silenzi eloquenti.

Un episodio emblematico è rappresentato da un’intervista tra Jamie e una psicologa infantile, che si sviluppa in cinquantadue minuti di profonda analisi psicologica. Questo segmento si rivela uno dei più intensi e disturbanti mai trasmessi in televisione, mettendo in luce la complessità della mente di un giovane accusato di un crimine terribile.

La serie affronta una delle paure più profonde dei genitori: il timore che il proprio figlio possa diventare un assassino. “Adolescence” esplora il dramma di una famiglia comune, Eddie e Manda Miller, che si trova improvvisamente al centro dell’attenzione mediatica per un crimine inimmaginabile. Nonostante siano genitori amorevoli e attenti, si trovano a fronteggiare una situazione che li supera, con il “qualcosa” che è accaduto non sotto il loro tetto, ma attraverso le interazioni digitali.

La realtà inquietante dell’adolescenza moderna

“Adolescence” non si limita a essere un thriller psicologico, ma si configura come un ritratto impietoso delle sfide che i giovani devono affrontare oggi. L’adolescenza, un periodo già di per sé complicato, è diventata un campo minato a causa di fenomeni quali il cyberbullismo, l’isolamento sociale e la radicalizzazione online. Questi problemi sono reali e tangibili, influenzando profondamente una generazione spesso invisibile agli occhi degli adulti.

La miniserie affronta anche la cultura incel, evidenziando come un ragazzo apparentemente normale possa essere risucchiato in una spirale di odio e risentimento. Jamie Miller non è un mostro predestinado, ma piuttosto il risultato di un ambiente che ha contribuito alla sua formazione, rendendo la sua storia ancora più inquietante.

Uno degli aspetti più angoscianti della serie è il suo realismo. Non ci sono colpi di scena improbabili o spiegazioni rassicuranti; solo la dura verità di un adolescente che ha ucciso una compagna di scuola, lasciando i genitori e la comunità in uno stato di confusione totale.

Con una narrazione innovativa e una regia essenziale, “Adolescence” si distingue nel panorama delle produzioni crime di Netflix. La serie non si limita a raccontare un crimine, ma lo utilizza come lente per analizzare la società contemporanea. “Adolescence” invita lo spettatore a riflettere su cosa significhi realmente crescere in un mondo in cui le linee tra il reale e il virtuale si fanno sempre più sfumate.

Cristina Battini

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